martedì 9 dicembre 2025

FORMULA 1 2026: L'ANNO ZERO DI UNA NUOVA ERA

Addio effetto suolo e via all’aerodinamica attiva: il 2026 ridisegna vetture, motori e gerarchie della Formula 1

Il successo iridato di Lando Norris ad Abu Dhabi non è stato soltanto la celebrazione di un nuovo campione del mondo: è stato il punto fermo che chiude un ciclo e introduce la più profonda rivoluzione regolamentare della Formula 1 contemporanea. Il 2026 sarà ricordato come l’anno zero di un nuovo paradigma tecnico e sportivo, un terremoto annunciato che, come ricordato da la Repubblica, rappresenta «uno dei cambiamenti più importanti della storia dello sport, più dell’ibrido introdotto nel 2014».

 

Fine dell'effetto suolo: nasce la F1 compatta e attiva

Le monoposto del futuro saranno più piccole, leggere, flessibili. Il regolamento ridurrà il passo di 200 mm, la larghezza di 100 mm e il peso di circa 30 kg, ma è l’aerodinamica a segnare il vero spartiacque.

Il DRS, introdotto nel 2011 come strumento per facilitare i sorpassi, scomparirà. Al suo posto arriverà un sistema di aerodinamica attiva con entrambe le ali mobili. Come anticipato da Sport e Finanza, le vetture disporranno di due configurazioni: X/Z Mode, per la gestione combinata delle due ali; Override, una modalità inedita che rilascerà potenza elettrica aggiuntiva.

Una rivoluzione concettuale che cambierà non solo il modo di generare carico, ma soprattutto il comportamento in scia, con l’obiettivo dichiarato di riportare al centro il duello ruota a ruota.

Power unit 50%-50%: la seconda rivoluzione dell’ibrido

Se la forma delle vetture sarà nuova, il cuore lo sarà ancora di più. Le power unit reintroducono una simmetria tra anima termica ed elettrica: 50% a combustione, 50% elettrico. La potenza elettrica salirà dagli attuali 120 kW a 350 kW, mentre scompare l’MGU-H, elemento complesso e costoso. A completare il quadro, l’adozione di carburanti 100% sostenibili, tassello essenziale della transizione ecologica della Formula 1.

Mercedes torna a fare paura

Il paddock ha fiutato qualcosa. «I rivali credono che il nuovo motore metta la Mercedes mezzo passo avanti in vista della pre-stagione», riportano fonti vicine ai team. Dopo aver dominato l’inizio dell’era ibrida nel 2014, il costruttore di Stoccarda sembra pronto al rilancio: non solo per la squadra ufficiale, ma anche per i suoi clienti McLaren, Williams e Alpine.

La line-up Russell–Antonelli è forse la più intrigante del lotto: il giovane italiano, già tre volte sul podio nel suo anno di apprendistato, si prepara a condividere il box con un Russell reduce dalla miglior stagione della sua carriera.

McLaren in pole nella rivoluzione

Proprio grazie al potenziale della nuova power unit Mercedes, la McLaren parte con il favore dei pronostici dopo due titoli Costruttori consecutivi. La Repubblica ricorda come il team di Andrea Stella goda non solo dei meriti tecnici, ma di una «cultura di squadra, con regole chiare: si lavora uniti, piloti liberi di lottare».

Con un Norris campione del mondo e un Piastri ventiquattrenne sempre più maturo, il team papaya sembra aver costruito un equilibrio raro: competitività tecnica, serenità interna e fiducia nel futuro.

Red Bull, fine di un’era

A Milton Keynes il vento è cambiato. Il progetto del motore sviluppato in casa con Ford — nato come manifestazione di indipendenza tecnica — oggi sembra più un salto nel buio che un atto di lungimiranza. L’addio di Adrian Newey, approdato all’Aston Martin, ha generato una ferita profonda: quando se ne va un architetto di quel calibro, non sparisce solo un ingegnere, ma un intero linguaggio progettuale.

E i contraccolpi non si fermano. Come evidenziato da la Repubblica, «resta incerta la posizione del superconsulente Helmut Marko, 82 anni, e del race engineer di Verstappen, Gianpiero Lambiase». Il primo, cardine della filosofia Red Bull, sarebbe ormai ai ferri corti con i vertici; il secondo dovrebbe restare, ma in un ruolo meno vicino al tre volte campione del mondo.

Una Red Bull senza Marko, senza Newey e con un motore ancora embrionale è una Red Bull che affronta la più grande incognita della sua storia recente.

Verstappen guarda altrove

Max Verstappen ha perso il titolo 2025 per due punti, ma la vera scossa è arrivata dopo. L’olandese ha ribadito che resterà «finché il progetto sarà all’altezza delle sue ambizioni». Tradotto: nessuna fedeltà incondizionata.

Nel 2026 sarà affiancato dal giovane Isack Hadjar, talento purissimo ma inevitabilmente da crescere. Un binomio che non contribuisce a dissipare i dubbi del campione.

E intanto l’unico debuttante dell’anno sarà Arvid Lindblad, destinato a Racing Bulls: un investimento sul domani mentre il presente della casa madre scricchiola.

Ferrari: occasione decisiva 

Se Red Bull trema, Maranello non respira aria migliore. Il 2025 è stato un incubo sportivo: zero vittorie, sette podi — tutti di Leclerc — e 435 punti di distacco dai campioni del mondo. Una ricaduta pesantissima dopo il promettente 2024.

Lewis Hamilton, arrivato come catalizzatore di ambizione, ha trovato solo una vittoria nella sprint in Cina. A 41 anni da compiere, il finale di carriera è più vicino che mai.

E poi c’è Leclerc: ottava stagione in rosso, un contratto in bilico, pazienza al limite. Il rischio è di vederlo aggiungersi alla lunga lista di campioni logorati da un progetto incapace di convertirsi in vittorie. L’ultimo titolo Costruttori risale al 2008, quello Piloti al 2007: non è più una statistica, è la fotografia di una generazione di talenti mai davvero compiuti.

I nuovi protagonisti del 2026

Il mondiale si espande: 22 vetture in griglia, con l’ingresso della nuova Cadillac sostenuta da General Motors. Una formazione di grande esperienza, con Valtteri Bottas e Sergio Pérez, che insieme sommano 16 vittorie e 527 GP.

L’Audi, evoluzione del team Sauber, punta a diventare la sorpresa del centro gruppo: affianca l’esperienza di Nico Hülkenberg alla velocità del giovane Gabriel Bortoleto.

Infine l’Aston Martin, che con il binomio Honda–Newey tenta un ultimo, romantico assalto alla vittoria per un pilota che non smette mai di stupire: Fernando Alonso, 44 anni, a caccia di un successo che gli manca da tredici stagioni.

Conclusione: un salto nel futuro

Il 2026 non sarà un semplice cambio regolamentare, ma un reset totale della Formula 1. Una sfida per ingegneri, piloti, team principal. Una rivoluzione che potrebbe rimescolare la griglia come non accadeva da più di dieci anni, aprendo le porte a nuovi equilibri, nuovi idoli, nuove storie.

Una cosa è certa: la F1 sta per cambiare pelle. E quando si spegneranno i semafori della nuova era, nulla sarà più come prima.

Foto: fonte sito web FIA

domenica 7 dicembre 2025

NORRIS CAMPIONE: IL MONDIALE VINTO CON CORAGGIO, COSTANZA E UNA MCLAREN RISORTA

C’è qualcosa di poetico nel modo in cui il Mondiale 2025 ha scelto di chiudersi: non con un trionfo roboante, non con un sorpasso all’ultima curva, ma con la compostezza di un terzo posto che pesa come una vittoria. 

Lando Norris è il nuovo campione del mondo di Formula 1. Finalmente, verrebbe da dire. Eppure nulla era scritto, nulla era scontato. È un titolo che nasce dalla costanza, dalla velocità, ma soprattutto dal coraggio di una squadra che ha saputo reinventarsi e di un pilota che ha saputo maturare.


A Yas Marina, Max Verstappen ha fatto ciò che ci si aspetta da un campione: ha vinto. Ha firmato l’ultima pagina della stagione con una prestazione solida, autoritaria, in pieno stile Verstappen. Ma non è bastato. Per due soli punti, due minuscoli, giganteschi punti, l’olandese ha dovuto consegnare lo scettro. 

La storia del Motorsport ci ricorda che i Mondiali si decidono anche così: non sempre sul filo della prestazione, a volte sul filo dell’anima.

Norris, classe 1999, ha corso la sua gara con la freddezza dei veterani. Terzo al traguardo, primo nel mondo. Un risultato che non illumina solo la sua carriera, ma ridisegna i contorni della Formula 1 contemporanea. Perché in quell’arrivo c’è molto più di un podio: c’è la rinascita della McLaren, la fine di un digiuno lungo 17 anni, la conferma che Woking non è più una promessa in costruzione ma una realtà vincente, capace di riportare a casa il titolo piloti dopo il lontano 2008.

Alle sue spalle, Oscar Piastri chiude secondo, completando un doppio podio che racconta meglio di qualsiasi parola la profondità del progetto arancione. 

Più indietro Leclerc, quarto, costante ma mai davvero in lotta per il titolo; ottavo Hamilton, in un weekend Ferrari che lascia più interrogativi che risposte.

Il Mondiale 2025 si chiude così, nel silenzio elegante della notte di Abu Dhabi, con il volto sorridente, un sorriso che in questi anni abbiamo imparato a conoscere bene, di Lando Norris illuminato dai fuochi d’artificio. È lui il 35° campione del mondo della storia della Formula 1, il più nuovo dei nomi nella lunga lista degli iridati. Ma qualcuno ha la sensazione che non sarà l’ultimo titolo della sua carriera.

Perché questo Mondiale non è solo un punto d’arrivo: è un inizio. L’inizio dell’era Norris. L’inizio della nuova McLaren. L’inizio di un capitolo che, da oggi, tutti vorranno leggere.





sabato 6 dicembre 2025

L’ATTO FINALE: ABU DHABI E LA CORSA CHE DECIDE TUTTO

C’è qualcosa di profondamente evocativo nell’idea che un Mondiale si decida all’ultima curva dell’ultima gara. La Formula 1 vive di istanti, di attese lunghe un anno intero che si comprimono in una manciata di giri, e domani, ad Abu Dhabi, questo sport tornerà nella sua forma più pura: una resa dei conti, tre piloti, un solo titolo. Lando Norris, Max Verstappen e Oscar Piastri sono i volti di un presente che arde, ma dietro di loro c’è un passato che risuona, fatto di eroi, di duelli, di destini ribaltati in una manciata di secondi.

Non è la prima volta. Non lo è mai davvero, quando si parla di Formula 1. Dal 1950, anno in cui Farina soffiò il titolo a Fangio e Fagioli nella cornice epica di Monza, fino al 2021, quando Verstappen infilò Hamilton nel giro più discusso della storia recente, il Mondiale spesso ha scelto l’ultima gara come proprio giudice supremo. Ed è questo, più di ogni altra cosa, a ricordarci perché questo sport continua a esercitare un fascino magnetico: perché nulla è mai deciso finché la bandiera a scacchi non scende.

Scorrere la storia dei finali iridati è come attraversare un romanzo epico. Ci sono pagine leggendarie, come il gesto cavalleresco di Collins nel 1956, che consegnò la propria Ferrari a Fangio spalancandogli le porte del quarto titolo. C’è l’eroismo fisico di Jack Brabham, che nel 1959 spinse la sua Cooper verso il traguardo a Sebring, esausto ma campione. Ci sono i drammi del Messico, nel ’64 e nel ’67, dove Surtees e Hulme scolpirono il proprio nome nel libro d’oro, e le tempeste di Suzuka, capaci di consacrare campioni (Hakkinen nel ’98, Hamilton nel 2008) o frantumare sogni (Villeneuve nel ’96, Irvine nel ’99). Ci sono le rivalità scolpite nel mito: Hunt-Lauda nel diluvio del Fuji 1976, Prost-Lauda nell’Estoril dell’84, Rosberg-Hamilton nel ring di Abu Dhabi 2016. E poi ci sono gli episodi che fanno ancora discutere: Schumacher-Hill nel ’94, Schumacher-Villeneuve nel ’97, Hamilton-Verstappen nel 2021.

La storia, insomma, ci insegna una cosa: quando tutto si decide all’ultima gara, non è mai solo una corsa. È un giudizio universale.

Ed eccoci a oggi. 2025. Abu Dhabi. Lusso, luci, tensione. Una pista che negli ultimi vent’anni ha scritto finali amari, trionfanti, incredibili. Max Verstappen ha piazzato la sua firma con una pole autorevole, una zampata da quattro volte campione del mondo che sa di avvertimento: lui c’è, e lotterà all’ultimo respiro. Alla sua destra scatterà il leader del Mondiale, Lando Norris, l’uomo che ha trasformato quest’annata in un’opera di maturità tecnica e nervosa. Per lui, basterebbe un podio per coronare un sogno atteso da una generazione intera di tifosi. Alle loro spalle Oscar Piastri, il terzo incomodo, freddo come il granito, capace di tenere vivo il sogno iridato nonostante i 16 punti di distacco.

La McLaren, rinata come una fenice, piazza due dei suoi in lotta per il titolo. La Red Bull, ferita ma mai domata, punta tutto sulla sua stella. La Mercedes, ormai fuori dalla contesa, potrebbe diventare ago della bilancia con Russell. La Ferrari, quinta con Leclerc, ha salvato il salvabile in qualifica, ma non sembra destinata a recitare un ruolo decisivo nella volata mondiale.

Domani non conteranno più i calcoli, le statistiche, le simulazioni. Contano le partenze. Contano le strategie. Conta la freddezza. Conta, come sempre, la capacità di trasformare la pressione in velocità.

Tre piloti, tre storie, un solo trofeo. Norris, il talento gentile che ha imparato a essere spietato. Verstappen, il cannibale che vuole dimostrare che la sua era non è finita. Piastri, il giovane di ghiaccio pronto a prendersi tutto in un colpo solo.

Che cosa ci attende? La storia della Formula 1 ha già scritto il copione: tutto può accadere. E quasi sempre, accade davvero.

Domani, alle 14, Yas Marina sarà ancora una volta il teatro dove il destino sceglierà il suo campione.

E noi, come sempre, ci faremo travolgere. Perché la Formula 1, quando arriva alla fine, è ancora la più grande storia sportiva mai raccontata.

Fonte delle notizie storiche tratte dal web