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domenica 5 giugno 2022

16ª NAGRADA GRADA SKRADINA

Ormai si sa, in Italia e in Europa, a contendersi il titolo di campione delle cronoscalate, sono sempre loro.
Simone Faggioli e Christian Merli.
Alla 16ª edizione della Nagrada Grada Skradina si sono "dati appuntamento" correndo con le sport da due litri.
Faggioli con la Nova Proto NP 01 V8 e Merli con la biposto sport motorizzata Honda LRM.
Sul gradino più alto del podio è salito Simone Faggioli, Christian Merli è 4° assoluto e secondo tra le vetture biposto.

sabato 24 ottobre 2020

 62ª MONTE ERICE

La gara senza pubblico

Quando si parla di cronoscalate, la Monte Erice risuona come una delle gare che, nel corso dei decenni, ha saputo offrire un grande spettacolo a tutti gli appassionati del settore. A sua volta, il pubblico delle gare di velocità in salita – ma più in generale delle gare automobilistiche – ha sempre reso omaggio a questo mondo con grande entusiasmo e partecipazione.

In questo connubio tra due facce della stessa medaglia, l’affascinante e spettacolare tracciato della Monte Erice si è sempre distinto per l’enorme afflusso di spettatori durante il fine settimana della gara.
Lungo i tornanti e le curve, oggi come all’inizio della storica gara il pubblico ha sempre riempito, con grande passione e amore per questo sport, le postazioni per meglio ammirare i propri idoli sfrecciare a bordo dei bolidi roboanti: la  curva Pai, Ciuri, Giancuzzi, curva del Cancello e la mitica Casazza.

Quest’anno, purtroppo, tutto questo non sarà possibile a causa delle norme varate dal Governo per il contenimento della diffusione del Covid-19. Tante gare nel corso del 2020 sono state annullate: la Verzegnis–Sella Chianzutan, la Rieti–Terminillo, la Trento–Bondone…

La Monte Erice, comunque, avrà la sua gara anche in questo difficile 2020, un anno segnato da gravi problemi sanitari che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, l’economia, la società, e anche lo sport.

Sin dalla prima edizione del 1954, vinta da Pasquale Tacci con un’Alfa Romeo 1900 TI sul tracciato originario di circa 16 km – diverso dagli attuali 5,5 km – la Monte Erice è stata scenario di “battaglie” all’ultimo secondo. Da quel momento, grandi piloti si sono sfidati lungo i tornanti che, da Trapani prima e da Valderice poi, portano in vetta fino alla bandiera a scacchi.

Come non ricordare il palermitano “Preside volante” Nino Vaccarella, vincitore nel 1959 e 1960 con una Maserati 2000 e, nel 1965, con la Ferrari 250 Le Mans?

Come dimenticare i duelli al millimetro fra Benny Rosolia, il “marsalese volante”, ed Enrico Grimaldi, il “Principe”, vincitore di ben sette cronoscalate alla Monte Erice? E poi ancora gli antagonismi tra lo stesso Grimaldi e Mauro Nesti negli anni ’90, e i crono stratosferici di Simone Faggioli, in lotta all’ultimo secondo con Christian Merli.

 E come non tornare con la memoria agli anni della classe Supersalita, in particolare al 1996: l'anno in cui il titolo di campione assoluto del Campionato Italiano Velocità Montagna andò al pugliese Pasquale Irlando su Osella PA 20 BMW.   

 

 

 

Quello fu anche l'anno in cui la Monte Erice divenne gara decisiva per l’assegnazione del titolo di campione italiano CIVM Supersalita A3: a giocarsi il titolo, il favorito Luca Cappellari con la Lancia Delta Proto, reduce da quattro vittorie di fila nella classifica generale, e Antonino La Vecchia in difetto nel conteggio dei punti finali ma con un grande potenziale dato dalla sua Alfa Romeo 155 V6 TI.

La Vecchia ebbe la meglio, conquistando il titolo di campione italiano Supersalita A3 per mezzo punto su Cappellari.

Nel corso delle sue 62 edizioni, la Monte Erice ha sempre avuto un pubblico caloroso come cornice lungo tutto il percorso che da Valderice porta alla vetta del borgo medievale di Erice. 
Anche quest’anno la gara avrà i suoi record, i suoi “duelli” all’ultimo secondo, e quegli aspetti curiosi che entreranno negli annali dell’automobilismo. Ma non avrà il suo pubblico.

Una gara senza un pezzo d'anima.
Senza pubblico.
Sì, proprio quel pubblico che tanto calore e colore dà alle manifestazioni sportive. 
Senza di esso, tutto diventa neutro, muto, statico… almeno sugli spalti.

Oggi, nelle prove, il più veloce è stato Simone Faggioli, davanti a Christian Merli. Domani si preannuncia un’altra battaglia all’ultimo secondo.
Una battaglia senza di noi, ma con il nostro pensiero a incitare i  migliori.

domenica 7 giugno 2020

ANTONINO LA VECCHIA: MONTE ERICE 1997

Il 1997 fu un anno davvero ricco di partecipanti al CIVM: tante auto, tanti prototipi ma soprattutto tanti iscritti alla “classe supersalita”. E c’erano Vittorio Gomboso con l'Alfa Romeo 155 V6 TI con la livrea della Polizia di Stato, Fabio Danti con la Skoda Octavia ufficiale, altri piloti con i prototipi come l’altoatesino Franz Tschager, primo assoluto alla Monte Erice di quell'anno, con la Lucchini BMW e c’era il grande  Antonino La Vecchia, sì c’era anche lui, vincitore l’altr’anno del CIVM e della Monte Erice classe Supersalita.
Partecipava con l’ultima versione dell’Alfa Romeo 155 V6 TI “quella con l’adesivo Mannesmann sul parabrezza”,  di cui tutti già da giorni parlavano e che di certo annunciava odore di gloria e spettacolo assicurato.
Tutti noi appassionati attendevamo di vedere, in un crescendo di ansia ed emozione, le auto tanto straordinarie quanto potenti e veloci. Noi pubblico della Monte Erice eravamo un popolo davvero numeroso; assiepati in ogni curva, in ogni tornante del tracciato, dalla partenza al traguardo, cinquantamila persone in poco più di 5 chilometri fremevano all’unisono.

Le prove del sabato ci avevano già caricato di adrenalina e le aspettative montavano, rombo dopo rombo. Ci si aspettava dalla gara della domenica la replica del sabato ma con il brivido della velocità in più e della competizione.
Ogni passaggio era sorprendente: Danti,… Gomboso,…. “Staccate” e grida di incitamento, una festa nella festa, fino al silenzio assoluto, assordante più del rombo dei motori: eccolo Antonino La Vecchia spuntare da una curva veloce a sinistra! La 155 V6 TI , in quarta marcia e poi quinta, sesta e di nuovo giù in scalata, quinta, quarta, terza, seconda e su per il tornante a sinistra, gorgheggiava roboante, nel canto del sei cilindri Alfa Romeo. E sulla scia di quella meraviglia fragorosa e rimbombante, le nostre orecchie lo accompagnavano fino al traguardo, per sciogliersi in un boato di gioia sulla bandiera a scacchi.
Eh sì, erano i favolosi anni ’90 …e quella fu la Supersalita ‘97, unica ed irripetibile.

mercoledì 3 giugno 2020

FABIO DANTI: IL RICORDO DI UN CAMPIONE

Quanti titoli italiani ed europei avrebbe ancora conquistato, e quali record avrebbe potuto raggiungere Fabio Danti, se quel tragico sabato 3 giugno del 2000 fosse passato senza conseguenze? Se solo avesse superato indenne quel tratto maledetto della cronoscalata Caprino-Spiazzi, appena cento metri prima del traguardo.

Oggi, dopo due decenni da quel fatidico incidente, non posso fare a meno di pormi questa domanda.

Non spetta certo a me raccontare chi fosse Fabio Danti: le sue imprese parlano da sole, scolpite nella memoria di chi ha vissuto l’epoca d’oro delle cronoscalate, di chi l’ha visto sfrecciare sui tornanti delle montagne italiane ed europee.
Pochi anni, ma intensi, in cui ha lasciato un segno profondo, irripetibile.

Fabio era un pilota puro. In gara, un leone: aggressivo, tecnico, capace di spremere ogni centimetro di strada e ogni cavallo del motore. 
Ma fuori dall’abitacolo era un uomo gentile, affabile, con quella disponibilità rara che conquistava chiunque: un sorriso sempre pronto, una battuta, una foto, un gesto semplice. Vero.


Ho avuto il piacere di incontrarlo alcune volte. Ricordo, in particolare, la sua gara alla Monte Erice nel 1996 con la Skoda Felicia Kit: sembrava di assistere a un videogioco, tanto era rapida e precisa la "piccola" Skoda nell’inserirsi in curva e arrampicarsi sui tornanti.

E poi le sue discese in elicottero alla Malegno-Borno, (Trofeo Vallecamonica), quando gareggiava in due categorie diverse, con due vetture differenti: l’Osella PA20S BMW e, ancora, la Skoda Felicia Kit.


Arrivato al traguardo a Borno con la Felicia, saliva su un elicottero per tornare a Malegno e ripartire subito con l’Osella. 
Un impegno da autentico campione, capace di adattarsi istantaneamente a due vetture tanto diverse.

Un gioco da ragazzi, per lui.

Fabio Danti era davvero il prototipo perfetto del pilota da cronoscalata.

E aveva sempre un sorriso per tutti.





giovedì 19 maggio 2016

NON È 1000 MIGLIA SE NON C'È LA PIOGGIA

Jacky Ickx, la gara e la pioggia.

Era il 3 giugno del 1984 e per la prima volta, al telegiornale, sentivo parlare di Jacky Ickx, un direttore di gara che al Gran Premio di Montecarlo, aveva esposto la bandiera rossa e quella a scacchi interrompendo la gara al 32° giro per motivi di sicurezza.
Una pioggia intensa aveva reso pericoloso il circuito monegasco.
Alcuni piloti "esperti" come Nigel Mansell, Patrick Tambay e Derek Warwick erano finiti contro il guard rail.
Il "professore" Alain Prost, così era soprannominato, al passaggio davanti al traguardo, alzava la mano per attirare l'attenzione del direttore di gara chiedendo di interrompere la corsa mentre un esordiente pilota brasiliano, Ayrton Senna, iniziava una serie di sorpassi al limite che lo portavano a soli due secondi dal leader Prost.
In seguito, alcune voci di corridoio diranno che la gara era stata interrotta per favorire la vittoria del francese Prost... ma questa è un'altra storia.
Oggi come allora, alla 1000 Miglia, durante le operazioni per la punzonatura, c'è la pioggia, una gara e Jacky Ickx e questa volta anch'io.











mercoledì 24 giugno 2015

24 HP LA PRIMA ALFA

FOTO FONTE WEB
Era il 1910 quando il Cavaliere Ugo Stella incontrò l'imprenditore francese Pierre Alexandre Darracq per rilevarne le quote aziendali dell'industria automobilistica Darracq. Da quell'incontro, insieme ad alcuni imprenditori lombardi, in zona Portello a Milano, nacque la nuova A.L.F.A. ( Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) che costruì la sua prima autovettura, la 24HP, un concentrato di verve sportiva, con motore quattro cilindri in linea progettato dal piacentino Giuseppe Merosi con carrozzeria Castagna.

martedì 29 aprile 2014

GRAN PREMIO SAN MARINO 1994

IMOLA: "la gara maledetta"

Vent’anni sono trascorsi da quel terribile week end di Imola.
Si disputava il G.P. di San Marino, sul circuito Enzo e Dino Ferrari, terza gara del campionato del mondo di Formula 1 del 1994.
Già, proprio un Gran Premio maledetto, forse, come mai nessun altro nella storia della Formula 1.
Come sempre tutto inizia con le prime prove libere del giovedì.  
È il momento in cui i piloti provano le monoposto per capirne il comportamento e se necessario apportare, con l’ausilio degli ingegneri e dei meccanici, le dovute modifiche.
In un normale giorno di F.1, tutti gli addetti ai lavori si danno da fare ai box e in pista con l’obiettivo di vincere la gara.
Il giorno dopo, durante le prove ufficiali, accade un grave incidente che fa temere il peggio.
Rubens Barrichello vola contro le reti di protezione alla variante bassa a una velocità vicina ai 200 Km l’ora, uno schianto violentissimo che per fortuna finisce con qualche leggero trauma per il simpatico brasiliano.
È l­’inizio della fine, quanto basta per dare un’atmosfera funesta al G.P..
Durante la seconda prova di qualifiche del sabato, quell’area funesta si materializza nella morte del pilota austriaco, Roland Ratzenberger  al debutto, in quella stagione, con la Simtek Ford.
Con un cosiddetto “contratto a gettone”, avrebbe corso solo le prime cinque gare della stagione poi avrebbe dovuto procurarsi altri soldi/sponsor per finire il campionato.
Roland Ratzenberger non vedrà mai più la bandiera a scacchi, sul rettilineo che precede la curva Villeneuve perde una parte dell’ala anteriore della sua monoposto, la macchina diventa ingovernabile, finisce a 320 Km orari contro il muretto, l’impatto violentissimo provoca una falla nella cellula di sopravvivenza. Le immagini in TV lasciano subito intendere che stavolta l’incidente è davvero grave.
I sanitari, accorsi sul luogo dell’incidente, si rendono conto che le condizioni del pilota sono gravissime, lo portato prima al centro medico dell’autodromo e dopo all’ospedale Maggiore di Bologna.
Muore alcuni minuti dopo il ricovero.
Tutto il mondo dell’automobilismo rimane scioccato, molto si era fatto per la sicurezza negli anni passati ma probabilmente non abbastanza da evitare tali drammi.
I piloti provano un grande sconforto, alcuni piangono e si disperano, Ayrton Senna pensa addirittura di non correre la gara, avverte che qualcosa di sinistro si aggira nell’aria.
Forse la Federazione Internazionale avrebbe dovuto annullare la corsa per il grave incidente del povero Roland, ma così non sarà.
Alle due di pomeriggio di domenica 1 maggio, tutti sono pronti allo start. Si respira un’aria malinconica, si avverte che forse qualcosa dovrà ancora accadere, soprattutto il pilota brasiliano Ayrton Senna alla prima stagione con la Williams.
Al semaforo verde JJ Leto rimane fermo in griglia con la sua Benetton per problemi tecnici, viene travolto dalla Lotus di Pedro Lamy, alcuni pezzi delle monoposto finiscono in tribuna ferendo numerosi spettatori che saranno portati in ospedale, per fortuna i due piloti escono dalle macchine senza alcun graffio.
L’ingresso della safety car è inevitabile, quanto basta per dare il tempo ai commissari di percorso di rimuovere le macchine e pulire la pista dai detriti.
Al quinto giro tutto è pronto per la normale ripresa della corsa, la safety rientra lasciando il comando della gara alla Williams di Ayrton, seguito a pochi centesimi di secondo da Michael Schumacher, poco più di un giro senza la macchina della sicurezza, all’inizio della settima tornata Ayrton Senna, finisce dritto contro il muro della curva Tamburello.
La velocità in quel tratto di pista è prossima ai 320 Km orari.
Quando si rende conto che la sua macchina non ha più la giusta direzionalità, (nella notte fra il sabato e la domenica, i tecnici Williams, avevano dovuto modificare, su richiesta di Senna, la sezione del piantone dello sterzo per problemi d’ingombro nell’abitacolo, riducendo il diametro nella parte più vicina al volante, saldando insieme i due pezzi. Tale saldatura sarà insufficiente a reggere le sollecitazioni meccaniche), fa appena in tempo a scalare due marce e rallentare fino a circa 220 Km l'ora.
L’impatto contro il muretto è inevitabile.
Quella modifica al piantone dello sterzo, sarà la causa dell’incidente mortale di Ayrton Senna.
Sembra uno dei soliti incidenti al Tamburello, serio ma non preoccupante, così come altri ce ne erano stati in quella curva negli anni precedenti.
Forse anche Ayrton ne sarebbe uscito illeso se non fosse stato che uno dei puntoni della sospensione anteriore destra, staccatosi, si fosse conficcato nell’apertura del casco all’altezza della visiera, causandogli un devastante trauma cranico.
Giunti sul luogo dell'incidente, i sanitari si rendono subito conto della grave condizione di salute del pilota.
Operano quanto necessario e immediato, il ricovero all’ospedale Maggiore di Bologna si rivela un disperato tentativo di salvargli la vita, le condizioni sono critiche, il trauma alla testa non lascia molte speranze.
Alle 18:40 il bollettino medico dell’equipe sanitaria dell’ospedale Maggiore di Bologna rivela al mondo intero la brutta notizia del decesso del pilota brasiliano.
È così che muore Ayrton Senna.

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venerdì 14 marzo 2014

FORMULA 1: 1950 - 2014


TUTTO CAMBIA

Ne sono passate di stagioni, da quando nel 1950 fu istituito il campionato mondiale di Formula 1 piloti, e con esse scuderie, tecnici, piloti, glorie e sconfitte.
 La Formula 1, massima espressione tecnologica del mondo automobilistico ha sempre, stagione dopo stagione, apportato delle modifiche alle monoposto a volte minime giusto per migliorare qualche deficit motoristico o aerodinamico durante la stagione in corso, altre, cambiamenti che hanno segnato la sua storia.
Questi cambiamenti descrivono la naturale evoluzione delle monoposto e della Formula 1, dal motore anteriore degli anni 50, quando lo si privilegiava a sfavore del telaio, all’intuizione dell’importanza di quest'ultimo negli anni 60, alla monoposto a effetto suolo dell’inglese Colin Chapman, alla nascita delle scocche in carbonio, all’utilizzo del turbo, dell’elettronica e così via.
Già, il turbo, un "marchingegno" sofisticato che ha lo scopo di immettere una maggiore quantità di aria nella camera di scoppio, assicurando al motore una maggiore potenza.
Era stato impiegato negli anni 80 fino al 1989 quando fu abbandonato dando ampio spazio all’utilizzo dell’elettronica.
Quest’anno nella stagione 2014 ormai in partenza con il G.P. d'Australia, ritorna a sovralimentare motori di cilindrata 1.6 litri, dotati di un sistema di ricupero dell’energia  chiamato ERS, Energy Recovery System.
 Questo sistema innovativo, ha il compito di recuperare sia l’energia cinetica in eccesso dalle ruote motrici, che già faceva il “vecchio KERS” nelle passate stagioni, che quella termica generata dai gas di scarico, accumulandola nelle batterie che erogano circa 100 KW oltre alla potenza del motore a scoppio, garantendo una "mostruosa" coppia alle ruote motrici.


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